Editoriale

A. LXXII, N. 1. Presentazioni

Guido Saracco

Come Rettore del Politecnico di Torino, è un piacere assistere alla pubblicazione del volume in memoria di Vera Comoli, docente e studiosa che per più di trent’anni ha onorato questo Ateneo con il suo impegno e i suoi studi, ispirando il lavoro quotidiano di molti discepoli. Leggo con piacere i vari contributi e, scorrendo le pagine, ritrovo colleghi e amici che a vario titolo hanno lavorato con lei confrontandosi in diversi contesti. Aver conosciuto Vera è stato per molti importante e formativo: gli studi con lei avviati proseguono, e questo libro lo dimostra.
Prima donna e primo architetto chiamata a ricoprire il ruolo di Prorettore nel nostro Ateneo, ha sempre dimostrato grande rispetto per l’istituzione, per la ricerca e per la didattica. Oggi la pubblicazione della monografia è una summa dei molti aspetti della sua eredità scientifica e, al contempo, un punto da cui ripartire per approfondire ulteriori studi e ricerche.

Guido Saracco, Rettore del Politecnico di Torino

Marco Gilli

È un grande piacere scrivere poche righe per ricordare la figura umana e professionale di Vera Comoli. Incontrai per la prima volta Vera, che conoscevo solo di fama, nel 2003, quando fui nominato Preside Vicario della I Facoltà di Ingegneria ed ebbi modo di interagire spesso con Lei. Ero un giovane professore ordinario, impegnato nella didattica e nella ricerca con un ristretto gruppo di collaboratori, e conoscevo molto approssimativamente le dinamiche che regolavano il funzionamento degli Organi di Governo di una grande Università. Vera, che in quel momento presiedeva la II Facoltà di Architettura, mi diede tutto il supporto possibile e in qualche modo fu capace di trasmettermi un bagaglio di conoscenze e di esperienze, che mi sarebbero state molto utili negli anni successivi, come Prorettore prima e Rettore poi.
Oggi, a distanza di anni dalla sua prematura scomparsa, emerge in modo inequivocabile quanto l’attività scientifica di Vera Comoli sia stata pionieristica. Vera sapeva contemperare un grande rigore metodologico con una visione interdisciplinare, capace di integrare conoscenze e competenze complementari, che spaziavano dalle Scienze dell’Architettura e dell’Ingegneria alle Science umane e sociali, un approccio avanzato che sempre di più caratterizza la ricerca di frontiera negli ambiti scientifici e tecnologici emergenti. Era consapevole del ruolo cruciale che gli Atenei svolgono per assicurare uno sviluppo inclusivo e sostenibile delle Città, dei Territori e del Paese e, anticipando i tempi, seppe immaginare e promuovere un modello di Università profondamente integrata con il sistema socio-economico. Vera, infine, amava moltissimo il nostro Politecnico, la sua sede storica, il Castello del Valentino, che ha saputo restituire all’Ateneo e alla Città, dopo i lavori di restauro, in tutta la sua straordinaria bellezza. Ma soprattutto ci ha lasciato una grande Scuola di Architettura, che come Rettore ho avuto
modo di conoscere e di apprezzare e, per quanto mi è stato possibile, di valorizzare, promuovere e far crescere: una Scuola che gode di un elevato prestigio internazionale, sta diventando un punto di riferimento per studenti e ricercatori di talento di tutto il mondo e contribuisce significativamente ad accrescere la reputazione e la qualità del nostro Politecnico.

Marco Gilli, Rettore del Politecnico di Torino dal 2011 al 2018

Francesco Profumo

Vera Comoli amava profondamente il “suo” castello. Amava l’architettura e la decorazione, le sale auliche dove la storia e l’arte sono protagoniste. La Sala delle Rose, il suo ufficio, si apriva per accogliere colleghi e amici, e Vera amava discutere, colloquiare, confrontarsi, intercalando ogni riunione con dotte spiegazioni su anche piccoli particolari della storia del Castello. Si aggirava fiera per le sale, consapevole di avere fatto molto per l’avvio dei restauri e cosciente che la sede della Facoltà di Architettura di Torino fosse unica, eccezionale.
Amava le aule e i laboratori dove ogni giorno docenti e studenti, seguendo il suo esempio, si confrontano e insieme lavorano, e dove la tradizione politecnica torinese, con la quale si identificava totalmente, è nata e cresciuta.
Docente, direttore di dipartimento e Prorettore prima, preside poi, direttore della Scuola di Specializzazione e coordinatore del dottorato sono stati i suoi molti incarichi istituzionali: sempre consapevole di essere innanzitutto architetto, poi storico dell’urbanistica in un Ateneo dove i molti ingegneri non sempre dimostravano aperture a un modo diverso di intendere la didattica e la ricerca, aperto a più realtà, sempre pronto al confronto.
Vera si impegnava in egual misura nello studio e nei molti incontri istituzionali necessari alla complessa gestione burocratica-amministrativa: ha fondato un gruppo di ricerca che ancora oggi – e lo dimostra questa pubblicazione – porta avanti le tematiche per lei fondamentali e si impegna nella didattica per formare gli architetti di domani.

Francesco Profumo, Rettore del Politecnico di Torino dal 2005 al 2011

Patrizia Lombardi

Gli studi in onore di Vera Comoli pubblicati in questo numero monografico di «Atti e Rassegna Tecnica» rappresentano un prezioso contributo, a più voci e di carattere multidisciplinare, nel campo della storia dell’urbanistica, della città e del territorio.
Le finalità di questo sforzo di natura collaborativa è, a mio avviso, duplice. Da una parte, si tratta di mettere a disposizione del pubblico – sia quello esperto, di studiosi della materia, sia quello degli appassionati o dei semplici lettori – numerosi studi di altissimo profilo, avviati da Vera durante la sua attività come ricercatrice, docente e studiosa, e successivamente proseguiti e ampliati in veri e propri indirizzi di ricerca. L’articolazione di questi filoni – i cantieri e le maestranze; l’architettura, la città e il territorio; il giardino storico; il ridisegno urbano; i centri storici; i beni culturali ambientali e le politiche del territorio; la cultura delle capitali d’Europa – individua molto chiaramente l’originalità e la fecondità delle sue ricerche. Per ogni ambito, gli interventi consentono di mettere in luce tematiche, internazionalità, multidisciplinarità degli ambiti di lavoro e sviluppi recenti.
D’altra parte, emerge chiaramente la testimonianza della figura della studiosa che ha lasciato una traccia indelebile nella storia, non solo per l’ampiezza delle sue attività e iniziative, ma anche per lo spessore e l’approfondimento scientifico-culturale degli studi che ha avviato. Temi di ricerca, didattica, università e politica culturale sono affrontati, in questo volume, attraverso il ricordo di un’azione condivisa che bene mette in evidenza l’avanzamento delle conoscenze nel campo della storia dell’urbanistica, della città e del territorio.
A livello personale, non posso non ricordare Vera Comoli come esempio pionieristico di donna impegnata non solo nel campo della formazione e della ricerca, ma anche in quello istituzionale. Un ricordo che è carico di coincidenze rispetto al mio personale percorso. Nel 1981, per due trienni consecutivi, Vera assumeva la direzione del Dipartimento Casa-città del Politecnico di Torino; Dipartimento che, trent’anni dopo, ha dato vita, insieme ad altri, al Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio che ho avuto l’onore e onere di dirigere fino a pochi mesi fa, quando ho assunto l’incarico di Prorettore, lo stesso ruolo che ha avuto Vera tra il 1987 e il 1997.
Ho anche avuto il privilegio di conoscere personalmente non solo Vera ma anche i suoi figli e questo rende particolarmente caro il ricordo della sua figura, e molto triste quello della sua prematura scomparsa. A loro va un mio personale abbraccio.

Patrizia Lombardi, Prorettrice del Politecnico di Torino

Laura Montanaro

Non ho avuto il piacere di conoscere approfonditamente la professoressa Vera Comoli, se non attraverso il racconto di chi, avendola frequentata a lungo, me ne ha riferito le grandi doti umane e professionali.
Ho tuttavia rivestito per alcuni anni il ruolo che fu anche il suo – Vera Comoli, prima donna Prorettore del Politecnico di Torino –, donna e architetto, un binomio che deve aver trovato modo di affermarsi, in una comunità molto “maschile” e di netto taglio ingegneristico, solo grazie alle capacità, all’arguzia, alla disponibilità e all’intelligenza della professoressa Comoli.
Avendo condiviso con Vera questo importante ruolo istituzionale, ho avuto modo di ben conoscerne la complessità e le difficoltà, che lei deve aver proprio interpretato con quello spirito di servizio e quella appassionata dedizione, che molte volte caratterizzano l’agire pubblico, così come nel privato, di una donna.
La stima, il rispetto e la considerazione, che hanno circondato e ancora circondano Vera Comoli e che ho potuto apprezzare e sentire ancora vivi nei colleghi e nelle colleghe che hanno avuto la fortuna e l’opportunità di conoscerla e di lavorare al suo fianco, mi hanno trasmesso il pieno senso della sua statura e di quanto abbia operato con grande intelligenza e rigore, professionalità e visione strategica, portando per la prima volta in una posizione di vertice di questo Ateneo attenzioni e sensibilità tipicamente femminili.
Vera Comoli ha pertanto incarnato la figura di donna intelligente e attiva, di docente e ricercatrice di elevata qualità, ma anche animata da grande spirito istituzionale, che l’ha portata anche a impegnarsi nelle attività gestionali di alto livello. Con il suo esempio ha saputo dimostrare come l’implicazione della componente femminile nella vita attiva del nostro Ateneo a tutto tondo – non solo didattica, non solo ricerca, ma anche gestione e indirizzamento strategico – sia un atout ancora solo parzialmente valorizzato dal nostro Politecnico. Questo è per me uno degli aspetti che più mi piace sottolineare del lascito della professoressa Comoli alla nostra Comunità e per questo idealmente la ringrazio.

Laura Montanaro, Prorettrice del Politecnico di Torino dal 2012 al 2017

Paolo Mellano

Sono molto soddisfatto per essere riuscito, durante il mio mandato di Direttore, a portare a conclusione anche questo volume in onore di Vera Comoli, a dodici anni dalla sua scomparsa, dopo il convegno del 2016.
Ho conosciuto Vera da studente, nel corso di Storia dell’Urbanistica, e fin da allora ho sempre apprezzato le sue doti e la sua capacità di leggere la città e le sue storie: al plurale, perché le storie che si intrecciano e si stratificano nel tempo sono molteplici, e a volte si sovrappongono, si cancellano o si compongono per dare origine ai luoghi dell’abitare che oggi tutti noi viviamo.
Per capire la città è necessario saper leggere e interpretare le sue storie e la sua cultura: io credo che Vera abbia insegnato a noi, torinesi o piemontesi dei centri minori, che la storia di Torino, del ducato e del regno sabaudo è un valore, un fondamento, una radice da cui non possiamo separarci, non dobbiamo staccarci, ma che anzi dobbiamo valorizzare. Vera ha inoltre insegnato che esiste la storia della città capitale, ma che è egualmente fondamentale la storia del territorio: in storia, non esistono periferie culturali, ma solo luoghi diversi da reinterpretare secondo dinamiche differenti.
Il patrimonio architettonico ha un valore anche economico e sociale, oltre che storico e artistico: pensiamo ad esempio al lavoro sulla “corona di delizie” cui prima di tutto la Città di Torino, ma anche tutta le Regione Piemonte devono molto del loro incremento turistico di questi ultimi vent’anni. Ma di questo parleranno altri, molto più titolati di me, nelle pagine raccolte in questa selezione di scritti e contributi che hanno animato le giornate di studi organizzate al castello del Valentino nell’ottobre del 2016.
Voglio ancora aggiungere un ricordo personale su Vera.
Oggi “abito” il suo ufficio al Castello del Valentino, la Sala delle Rose, e ogni volta che vi entro mi pare di sentire ancora la sua voce squillante e acuta con la quale, tanti anni fa, si presentò al telefono a un funzionario del settore Alberate e verde pubblico del Comune di Torino: «sono Vera Comoli» disse, e subito manifestò vivacemente il suo disappunto per la piantumazione di un alberello nella rotonda di fronte al castello, sostenendo che avrebbe limitato la vista del cortile da corso Marconi, stoppando la prospettiva castellamontiana. Ebbene, poche ore dopo quella telefonata, uscendo dal castello per andare a pranzo, incontrai un gruppo di giardinieri intenti a sradicare l’albero appena piantato.
Questa era Vera Comoli, una donna autorevole e a volte autoritaria, capace di compiere studi e ricerche che ancora oggi sono la base per la storia della città e del territorio, ma al tempo stesso abile ad amministrare un Dipartimento, una Facoltà o un Ateneo, esperta di cantieri e fine interlocutrice del potere politico ed economico del territorio.
Una donna appassionata e competente, che purtroppo non è riuscita a vedere completato il restauro del Castello, cui oggi ancora stiamo lavorando.
Per quanto mi sarà possibile, mi piacerebbe riuscire a concludere, durante il mio mandato di Direttore, un progetto di allestimento e valorizzazione dei percorsi di visita del Castello, al fine di renderli accessibili a un parco di visitatori il più ampio possibile; ci stiamo lavorando da qualche anno e, forse, riusciremo anche a trovare le risorse.

Paolo Mellano, Direttore del Dipartimento di Architettura e Design

Giulio Mondini

Scrivere in onore di Vera Comoli non può che riportarmi alla fine degli anni ottanta quando si discuteva della fondazione della futura Scuola di Specializzazione in Storia, Analisi e Valutazione dei Beni Architettonici e Ambientali del Politecnico di Torino, e il tema della formazione multidisciplinare e interdisciplinare dei futuri professionisti era al centro del confronto fra le discipline fondative della Scuola.
Il dibattito sviluppatosi in quegli anni è tutt’ora di grande attualità, ha portato al consolidarsi di posizioni condivise da molti studiosi attorno alle politiche di conoscenza, conservazione e valorizzazione del patrimonio architettonico e ambientale-paesaggistico. Dibattito che ha condotto alla convinzione di natura complessa del progetto di formazione della Scuola e che sta alla base di un confronto serrato con operatori pubblici, professionisti, ricercatori universitari italiani, ma ancor più a livello internazionale.
Tutto questo sottolinea come sia impossibile proporre definizioni di ruoli e competenze senza un approccio multidisciplinare e interdisciplinare in grado di esprimere giudizi di merito in situazioni caratterizzate da una qualsiasi trasformazione della situazione di stato che non può che essere affrontata in termini di complessità.
Si pensi, ad esempio, alle trasformazioni che avvengono nel processo progettuale in relazione alle nuove conoscenze che si acquisiscono durante il lavoro, traducibili in disponibilità ad apprendere, particolarmente importante in interventi di valorizzazione, restauro, riuso e conservazione dei beni del territorio. Proprio questo intreccio, profondo e difficilmente destrutturabile, di elementi deterministici e fattori causali è ciò che conduce al concetto di sistemi complessi.
Un sistema complesso può a questo punto essere definito come un sistema composto da un gran numero di elementi interagenti fra loro, organizzati per livelli gerarchici interni, collegati attraverso svariate interconnessioni e dunque caratterizzati da dinamiche che non sono comprensibili, né prevedibili, dallo studio delle singole parti. Le interazioni fra i suddetti elementi non sono infatti lineari, e la dinamica globale che ne deriva è diversa da quella delle singole parti costituenti, ovvero il loro “tutto” risulta qualcosa di più della semplice somma delle parti, anche perché l’interazione con l’ambiente circostante determina comportamenti nuovi ed imprevedibili.
È ormai sempre più evidente, e gli sviluppi della nuova scienza ne danno continue dimostrazioni, come la natura degli interventi sui beni architettonici e ambientali-paesaggistici sia intrinsecamente ed irriducibilmente complessa sino alla rete delle relazioni sociali, economiche ed umane che ne derivano. Di conseguenza, qualsiasi approccio di tipo lineare e settoriale, fondato sulla separazione di una parte dal tutto, non può che risultare inadeguato e fallimentare. La sfida che la complessità pone alla scienza è dunque quella di esplorare, colonizzare e sviluppare questo territorio dell’interdisciplinarità, i cui oggetti elementari sono, talora, esseri umani. Da ciò emerge distintamente la necessità di una fertilizzazione reciproca delle varie discipline scientifiche, sistemi che non possono che organizzarsi attorno ad importanti contenitori basati su una consolidata tradizione storica della propria disciplina, capace di dialogare e relazionarsi con saperi appartenenti ad ambiti disciplinari diversi ma convergenti su un obiettivo comune. Il superamento dell’ottica disciplinare è indubbiamente affidato alla solidità di quadri disciplinari di base, condizione indispensabile per orientarsi ad una visione reticolare dei saperi capaci di definire e sensibilizzare verso nuovi valori dello sviluppo sostenibile, costruendo la formazione dei giovani su conoscenze e competenze adeguate alle sfide del futuro, sostenute da un costante impegno nella ricerca.
D’altronde è noto come studi e ricerche fondati su teorie afferenti a matrici disciplinari definite, ma svolti su terreni di frontiera, ne abbiano messi in discussione i fondamenti, generando a loro volta teorie innovative e costituendo un innegabile arricchimento dei diversi campi del sapere. Il progettista, come lo storico, il pianificatore e il valutatore, alla ricerca di un metodo che gli permetta di “progettare”, si trova di fronte alla necessità, in relazione alla complessità dei problemi da risolvere, di ricorrere a un paradigma essenziale di organizzazione multidisciplinare e interdisciplinare capace di rappresentare i fenomeni senza mutilarli e senza racchiuderli in una porzione di tempo o di spazio.

Giulio Mondini, Direttore del Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio

Beatrice Coda Negozio

Vera Comoli Mandracci nasce architetto. Nel 1977, a percorso accademico già intrapreso, si iscrive alla Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, diventandone Socio.
Nel 1984 la SIAT pubblica la monografia in due volumi Beni culturali ambientali nel Comune di Torino.
L’opera, esito di una ricerca promossa dall’assessorato all’Urbanistica del Comune di Torino e curata dal Dipartimento Casa-città del Politecnico di Torino sotto la guida del suo direttore, la professoressa Vera Comoli, fu alla base del Piano Regolatore Generale Comunale di Torino del 1995 e insegnò, a tutti, che il punto di partenza del disegno urbano e quindi il progetto delle scelte strategiche per il futuro consiste nell’identificazione del sistema di relazioni tra edificio e ambiente circostante.
Un approccio progettuale concreto, mantenuto vivo nel corso della sua prestigiosa carriera accademica governata con competenza e fermezza, messe a servizio della cosa pubblica nella conduzione di rigorose ricerche interdisciplinari che hanno lasciato il segno come i suoi scritti per la “collana blu” dell’Archivio Storico della Città di Torino e la monografia Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, pietra miliare per la Città, il mondo accademico e i progettisti. Non ultima, la sua curiosità che va oltre il singolo tema o disciplina, come anche le pagine firmate su «Atti e Rassegna Tecnica» testimoniano. È pertanto un onore per il nostro sodalizio ospitare oggi, nelle pagine della nostra storica rivista, gli studi in suo onore, raccolti a seguito del convegno a lei dedicato svoltosi nel dicembre 2016 presso il Salone d’Onore del Castello del Valentino a Torino.
Indirizzo un sincero ringraziamento a tutti i relatori e colleghi per la restituzione dei contenuti dei loro interventi per la costruzione di questo volume, e al Politecnico di Torino, in particolare il Dipartimento di Architettura e Design e il Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio, che ne ha consentito la pubblicazione su «Atti e Rassegna Tecnica», che si aggiunge alle monografie dedicate a suoi Soci illustri quali Carlo Alberto Bordogna e Roberto Gabetti.

Beatrice Coda Negozio, Presidente della Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino

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