Editoriale

a. LXXII, N. 2. Orizzonti e dettagli. Qui e altrove, qui è altrove / Horizons and details. Here and elsewhere, here is elsewhere

Editoriale del Direttore

Un fascicolo miscellaneo, per definizione, non ha un tema conduttore: è una vendemmia non sistematica, è uno sguardo per episodi. Nel nostro caso, si tratta di una raccolta di riflessioni offerte generosamente da studiosi che hanno apprezzato l’orizzonte di senso proposto dalla Rivista, attenta alla dimensione personale e comunitaria delle discipline che si occupano

di territori, luoghi e ambiente costruito. Se gli Ingegneri e gli Architetti sono, per missione ormai storica, gli autori e i lettori principiali della Rivista, la pluralità dei soggetti che si occupano di architettura e ingegneria è sempre più ampia, perché ogni trasformazione edilizia, tecnica e territoriale non può che essere una trasformazione anche culturale e sociale. Non
è quindi solo la specificità tecnica che distingue le professioni, ma soprattutto la capacità di interpretare culturalmente le scale dei processi, le qualità dei luoghi, le narrazioni delle scelte, le interdipendenze disciplinari.

Il fascicolo che avete ora sul monitor del vostro pc o del vostro telefono porrà alcuni problemi di “messa a fuoco” di scale, competenze e discipline. Scorrendo i titoli degli articoli, un architetto o un ingegnere “tradizionale” farà fatica a capire se l’argomento interessa o meno la sua disciplina e il suo lavoro, o se la rivista può effettivamente potenziare la sua professionalità tecnica. Gli articoli si muovono su temi di estremo dettaglio, ma con orizzonti ampi, globali, trasversali.
Partiamo dalla scala: tra il paesaggio attivo di Paolo Castelnovi e le maniglie smaltate Del Campo illustrate da Davide Alaimo scorrono praticamente tutte le scale di trasformazione dell’ambiente costruito, ben oltre l’endiadi “dal cucchiaio alla città” su cui la cultura del progetto ha posto nel Novecento le sue premesse. È addirittura forse più vicina a noi la radicalità di William Morris, secondo cui l’architettura “embraces the consideration of the whole external surroundings of the life of man; we cannot escape from it if we would so long as we are part of civilisation, for it means the moulding and altering to human needs of the very face of the earth itself, except in the outermost desert” (William Morris, The Prospects of Architecture in Civilisation, conferenza del 10 marzo 1880). Si tratta forse di definizioni scontate, logore, o retoriche ma – quando si misura la vastità degli ambiti di ricerca – la postulata ampiezza di campo ne esce argomentata e rafforzata.

L’insussistenza o la pretestuosità di alcune divisioni tra le tecniche e tra le arti emerge dalla poliedrica attività di Leonardo Mosso, nominato socio onorario SIAT dal dicembre 2017 e qui presentato da Gianfranco Cavaglià, o dalle poliedriche iniziative di Alfredo d’Andrade, richiamate da Annalisa Pesando con particolare attenzione per le arti applicate. L’attenzione per le arti applicate attraversa i contributi su d’Andrade, Mosso e Del Campo, ma arriva alla viva attualità con il report dell’Osservatorio sull’offerta del design in Piemonte, qui sintetizzato da Alberta Coccimiglio (Camera di Commercio di Torino), con Claudia De Giorgi e Francesca Montagna (Politecnico di Torino).
La pratica dell’interdisciplinarità e della transcalarità emerge dalla progettualità locale sul rapporto tra beni culturali e tecnologie informatiche, la cui applicazione richiede un’interpretazione del patrimonio e una pianificazione del suo uso a scala vasta, come dimostrano i casi-studio presentati da Roberto Canu, Marco Filippi, Fulvio Corno e Andrea Rocco, nel mini-dossier sui metodi di apertura e visita supportati da strumenti digitali. La scala territoriale, scenario in cui necessariamente si collocano le scelte strategiche sui diversi tipi di patrimonio, pone sfide etiche diverse da quelle della deontologia professionale tradizionale: un bilancio sulla dimensione etica della pianificazione è stato discusso dall’INU e dall’ufficio
regionale della Pastorale sociale e del lavoro nel giugno 2018, in un dibattito qui sintetizzato da Benedetta Giudice.
L’attenzione alla dimensione etica della professione ci porta a una seconda lettura trasversale: è possibile individuare dove si collocano le ragioni delle trasformazioni territoriali e tecnologiche che riguardano i nostri contesti? A tal proposito, può forse suscitare interesse il fatto che una rivista, che da sempre ha in Torino e nel nord-ovest italiano il suo fuoco d’interesse, apra la Rassegna con tre articoli sulla Cina – in particolare su Tianjin – a firma di Carla Quaglia, Gian Luigi Arnaud, Alberto Bologna e Michele Bonino. I tre articoli affrontano un ragionamento non scontato su un legame professionale antico tra la scuola di ingegneria di Torino e la Cina, cogliendone i presupposti storici, gli sviluppi tecnici e le sfide attuali di conservazione e reinterpretazione.

La formazione politecnica torinese ha dunque ramificazioni vaste, dall’Oriente all’America Latina, e viceversa le dinamiche sociali di diverse aree geopolitiche hanno inciso e incidono sulla vita culturale e sociale di Torino e del nord-ovest. Un piccolo spaccato ci è offerto dal workshop A place for the Castello, in cui studenti provenienti dai cinque continenti – inquadrati
stabilmente al Politecnico o in soggiorno di studio – sono stati invitati dai docenti, Luca Barello e Chiara Devoti, a ripensare e materialmente costruire luoghi di relazione e socialità al Valentino.

Continua nella rivista la riflessione sul tema della casa, che aveva trovato nel convegno SIAT del giugno 2017 uno specifico momento di riflessione (cfr. Atti del fascicolo LXXI – 2, pp. 106-169). In questo numero abbiamo chiesto a Luca Davico, coordinatore del Rapporto Giorgio Rota, di commentare l’analisi della crisi abitativa torinese, alla luce dei dati raccolti ed elaborati dal Rapporto 2017. Anche il progetto Atlas – edito nel 2018 a cura di Urban Center, Centro Einaudi e Rapporto Rota medesimo – offre e rielabora dati sugli scenari abitativi torinesi, qui recensiti da Agata Spaziante, mentre il quadro storico sul patrimonio residenziale popolare del Novecento, discusso nel seminario di maggio 2018, è sintetizzato da Federico Coricelli e Caterina Quaglio. La qualità degli spazi pubblici è studiata nella recentissima Guida all’arte pubblica nei quartieri torinesi, curata sempre da Davico, con Marzia Bolle e Rosaria Scira, recensita da Rossella Maspoli; mentre la contestualità di tanti “qui” diversi e contrastanti, illustrata da Sesto Giriodi, è commentata da Davide Rolfo.
Due sguardi originali sulla cultura architettonica di Torino sono offerti anche dalle Cronache della vita della Società. Baruch Lampronti presenta una riflessione sulla Sinagoga, soffermandosi sul riesame storico-critico dell’attività dell’ingegner Giorgio Olivetti. Nel quadro degli itinerari della app Architettour, promossa e implementata dalla SIAT, viene presentato
il tema delle botteghe e caffè storici, nel quadro di un accordo tra la Società e la Camera di Commercio di Torino, volto a valorizzare le specificità architettoniche del mondo economico cittadino (itinerario studiato da tre specializzandi in Beni architettonici del Politecnico: Bruna Casanova, Alberto Gnavi e Giulia Scano).
Scorrendo i dati, ma scorrendo anche i volti dei nostri studenti e dei nostri concittadini, sempre più ci accorgiamo come il nostro “qui” sia costruito su una pluralità di identità e di intrecci complessi, che sono esito di dinamiche storiche e di relazioni internazionali con tanti “altrove”, ormai costitutive delle competenze e delle specificità espresse dal nostro territorio. Viceversa, le risorse intellettuali e professionali che “qui” maturano, nella scuola e nell’ambiente  professionale politecnico, trovano anche ”altrove” campi di espressione ampi e interessanti. Sappiamo che i luoghi non sono indifferenti, e che le dinamiche territoriali sono interdipendenti, ma certamente le separazioni tra “qui” e “altrove” meritano di essere ridiscusse. La “fuga” di cervelli o la “attrazione” di cervelli non paiono più categorie attuali, se in ogni momento ciascuno di noi puoi offrire un contributo allo sviluppo e alla qualità della vita in parti diverse del globo.

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