LXXVIII, 2-3. Editoriale. Passato, presente, futuro/ Editorial. Past, present, future
Trentadue contributi, trentacinque autori (escluso chi scrive), una decina di settori disciplinari, quasi 300 pagine. Al di là del dovuto e sentito omaggio personale, la ricchezza dei testi raccolti da questo numero monografico di «A&RT» rende bene l’idea della complessità e dell’articolazione di una disciplina quale quella del restauro, che appare, nelle pagine che seguono, come tutto tranne che settoriale.
Ciò che risulta massimamente evidente è come oggi il restauro non si ponga come mera attenzione alla pura conservazione del passato, ma – con tutte le accortezze scientifiche del caso – sia orientato alla proiezione di questo passato nel presente e nel futuro. In questo senso vanno interpretate le preoccupazioni per la fruibilità, l’intellegibilità, la possibilità di comprensione dell’oggetto del restauro stesso, così come le possibilità di un suo utilizzo futuro che non sia quello della semplice passiva contemplazione.
Del resto, con il venire alla ribalta del tema della tutela dell’architettura moderna e – in certi casi – contemporanea, le stesse distinzioni rigide tra quanto appartenente a un passato degno di cure e un presente suscettibile di indefinita trasformazione appaiono sempre più labili; il campo del restauro, quindi, allarga sempre di più i suoi confini, non soltanto se si considera un asse del tempo che appare sempre più discontinuo, ma anche per via del confronto sempre più serrato con istanze, quali quelle tecnologiche, economiche, normative, giuridiche, patrimoniali, sociali, etiche, che hanno origine in campi del sapere molto distanti tra loro, e che vedono infine la loro sintesi dialogica nell’intervento sul manufatto fisico, nonché nella sua successiva gestione. Permane il fatto che l’oggetto ultimo dell’intervento di restauro, prodotto di processi spesso lunghi, incerti e non completamente controllabili, non è riducibile tout court a modelli predefiniti ma, nella sua materialità, richiede di padroneggiare savoir-faire sicuramente istruiti dalle conoscenze disciplinari, ma in certi casi anche molto prossimi all’artigianato.
Il restauro viene quindi a porsi come tema politecnico per eccellenza, e l’università – dove Carla Bartolozzi ha a lungo esercitato il suo magistero – è naturalmente il luogo deputato per considerare delle interazioni tra le tematiche evocate sopra e tentare un “addestramento alla complessità”, complessità che rischia di essere messa in crisi dalla sempre maggiore specializzazione disciplinare e da modalità di allocazione delle risorse dalle razionalità talvolta incomprensibili. «Atti e Rassegna Tecnica», che da sempre fa dell’interdisciplinarietà una sua cifra di riconoscimento non può dunque che accogliere con favore la lunga serie di contributi che ragionano sull’approccio al restauro della scuola torinese. Del resto, per una significativa coincidenza, la lectio magistralis di Carla Bartolozzi cui è collegato questo numero della rivista cade nello stesso giorno dell’apertura del convegno della SIAT dedicato alle addizioni architettoniche (Addition in Architecture: il nuovo sull’esistente), a riprova, se ce ne fosse ancora bisogno, dell’attualità del tema del rapporto tra conservazione e innovazione nell’architettura e nella città.
Davide Rolfo, Direttore di «A&RT»

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