Editoriale

LXXV, N. 3 Editoriale. Progetti di città e memorie di futuri / Editorial. City projects and memories of futures

Editoriale del direttore

Andrea Longhi

 

Nei processi di pianificazione e progettazione, l’analisi del contesto urbano e della storia dei siti è – nella pratica corrente – un’operazione di routine, che si avvale di metodi e strumenti interpretativi ormai collaudati. Permanenze, palinsesti e stratificazioni fanno parte del lessico quotidiano dei progettisti ed entrano nello studio e nel progetto della città. Ad esempio, in questo fascicolo – sostanzialmente dedicato a temi torinesi – le storie del castello sabaudo e del parco di Mirafiori si intrecciano con le vicende industriali dell’area (tema della seconda edizione del concorso Siat Young, qui documentato dagli Atti) ed entrano in dialogo, nella sezione Rassegna, con le ricerche sulla costruzione e sulla trasformazione di Mirafiori Nord e di Aurora, quartieri in cui le storie del tessuto abitativo e del vissuto industriale hanno fortemente condizionato i processi identitari delle comunità locali. Il rapporto tra storia, progetti e stili di vita è tema centrale di molte delle pubblicazioni e iniziative segnalate nelle Recensioni, dagli studi sul complesso conventuale di Bosco Marengo ai giardini francesi per la corte sabauda, arrivando ai nuovi studi su Giovanni Battista Schellino e concludendo con il recente piano di manutenzione delle facciate di Saluzzo. Soprattutto, però, il rapporto tra storia e progetto è il cuore della mostra e del ciclo di conferenze (relative alla cultura liberty a Torino, promosse dall’Accademia Albertina e presentate nelle Recensioni e nelle Cronache sociali, in quanto hanno visto co-protagonista la SIAT stessa.

 

Una riflessione sui molteplici intrecci che legano i progetti di città con la conoscenza della storia e con la memoria delle comunità, partendo dalle esperienze qui documentate. Analizzando le tracce materiali della storia disseminate sui nostri percorsi di studio, di piano e di progetto, ne cogliamo certamente il rapporto con vicende del passato, che condizionano – con la loro presenza, più o meno monumentale, più o meno riconosciuta – la nostra possibilità di interpretazione del presente e di definizione del futuro. Tra le righe delle ricerche, dei materiali, delle pubblicazioni e delle mostre qui presentati emerge tuttavia un’altra dimensione interessante: i diversi “passati” che noi incrociamo nelle nostre professioni sono stati a loro volta prefigurazioni, disegni o sogni di diversi “futuri”, immaginati e costruiti da committenti, progettisti e comunità che certamente non vedevano il proprio ruolo come costruttori di storia, ma come realizzatori di piani, programmi e progetti per un avvenire solitamente immaginato come migliore. Per questo – indagando da architetti, ingegneri, pianificatori e designers la storia delle città – non possiamo eludere la dimensione progettuale e proiettiva della storia (e non solo quella conservativa o vincolistica), in quanto le tracce materiali di passato in cui inciampiamo sono anche tracce immateriali di futuri, immaginati da comunità vive che ci hanno preceduto nel pensare e sognare città e territori diversi. La fatica nel passaggio dal piano alla costruzione narrata per Mirafiori Nord, o i quadri sociali che hanno reso Aurora una borgata densa di relazioni sociali, o le aspirazioni di innovazione artistica e tecnologica espresse dai paesaggi urbani liberty ci raccontano futuri possibili, alcuni realizzati altri solo sognati, alcuni ancora riconoscibili altri del tutto cancellati. Soprattutto, però, ci invitano a pensare il futuro – nel nostro caso di Mirafiori, o di una Torino resiliente (come esplorato in un saggio della Rassegna) – come operazioni non meramente tecniche, bensì come passi di prefigurazione, configurazione e costruzione di ulteriori futuri. Se, forse per la prima volta nella storia occidentale, le giovani generazioni vedono il futuro come minaccia incombente, e non come promessa di miglioramento, la memoria dei progetti e elle loro speranze può forse aiutare ad alimentare futuri meno ineluttabilmente distruttivi.

 

Lavorando concretamente sulla città, non c’è una storia – passata, monolitica e pesante – che vincola le nostre possibilità di progetto futuro, ma ci sono memorie di tanti futuri che ci parlano di tante città possibili, in cui il tassello che saremo chiamati a inserire – qualunque sia la nostra professione – non sarà che un futuro ulteriore, peraltro anch’esso destinato a diventare, presto, passato. Accanto alle istanze e alle retoriche del reversibile, del riciclabile, del riusabile, che invitano a una lettura ciclica della città e dell’ambiente (che rischia tuttavia di diventare passatista), e accanto alle narrative di catastrofi incombenti e ineluttabili, i lavori qui discussi ci invitano a tenere aperte anche le istanze dell’ulteriore: ogni storia passata è stata futuro ulteriore rispetto ad altra storia, e la memoria dei futuri storici può aiutare a prefigurare futuri ulteriori più ospitali.

 

Andrea Longhi, Direttore di «A&RT»

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