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Editoriale

LXXV, N. 2 Editoriale. Abitare il patrimonio culturale / Editorial. Inhabiting cultural heritage

Editoriale del direttore

Andrea Longhi

 

Il concetto di living heritage è ormai entrato a far parte delle categorie e delle retoriche internazionali di chi si occupa di patrimonio culturale: il presupposto di ogni politica di conoscenza, conservazione e valorizzazione è l’esistenza di una comunità che sappia rendere viva e attuale l’eredità ricevuta dal passato.

 

Ci sono, tuttavia, molti modi per rendere vivente il patrimonio: in questo fascicolo i saggi raccolti nella Rassegna e negli Atti hanno come filo comune quello di interrogarsi su come “abitare” quotidianamente il patrimonio, assicurandone non solo la manutenzione e la conservazione, ma anche l’accessibilità, a tutti i livelli, e la possibilità di rendere la vita delle comunità più consapevole e pacifica.

 

Il saggio di apertura della Rassegna (Giacopelli) pone il problema di come garantire la qualità dell’abitare in edifici del Novecento, ormai considerati parte integrante di un patrimonio culturale da tutelare nei suoi valori formali, etici e materiali, ma che sono nati per essere residenze familiari, e che necessitano quindi di un adeguamento di comfort e sicurezza: il patrimonio culturale in questo caso non è scenario di eventi o di iniziative di “valorizzazione” eterodirette, perché il miglior evento che ne possa garantire la durevolezza e la leggibilità è la straordinaria ordinarietà della vita quotidiana. La convivenza tra riconoscimento di valore culturale ed esigenze di vita ordinaria è un tema che si risolve non solo con la competenza tecnica nell’ambito della manutenzione e del restauro, ma anche – e soprattutto – con la capacità di ricostruire, interpretare e narrare il senso profondo dell’abitare connaturato al manufatto da tutelare. Se l’abitazione è un valore materiale da documentare e conservare, l’abitare ne è il valore immateriale, immanente e imprescindibile. Ci aiuta ad approfondire le implicazioni teoriche di tale problema il saggio di filosofia che chiude la Rassegna (Dissegna), che rilegge il noto saggio di Heidegger su Costruire, abitare, pensare, a settant’anni dalla sua stesura, e che accompagna un pubblico di lettori progettisti a cogliere il senso profondo dello spazio, del limite e della misura, esplorando il nesso profondo tra esistere e abitare. Idealmente racchiusi tra il problema dell’abitazione e quello dell’abitare, gli altri due saggi discutono come rendere abitabile un museo: in un caso (Ghoddousi), rievocando un allestimento museografico del Palazzo Ducale di Urbino – una “abitazione” inevitabilmente fuori-scala e fuori-tempo, che deve essere ogni volta resa ri-abitabile –; in un altro caso (Germak, Di Salvo, Abbate), discutendo il problema dell’abitare virtualmente luoghi museali inaccessibili.

 

Gli Atti ci offrono l’opportunità di dare spazio a un progetto encomiabile di capacity building offerto dalla Fondazione Santagata a studenti universitari siriani, attivi nell’ambito del patrimonio culturale: possiamo ragionare con alcuni di loro (vincitori di un concorso di spunti progettuali) sulla forma più radicale che può toccare l’inabitabilità del patrimonio, generata dalla somma di distruzioni belliche, tensioni politiche ed emergenza sanitaria. La prospettiva è raccogliere la sfida dell’innovazione, a tutti i livelli, per tornare ad abitare le città e i paesaggi storici, ricucendo frammenti di patrimonio culturale con il fine di ricucire la vita sociale, la dignità della persona e la vita comunitaria.

 

Anche le recensioni offrono spunti – lontanissimi tra di loro – sui luoghi dell’abitare della collettività nella storia e nel patrimonio: da un lato, il senso dell’abitare i luoghi comunitari nel Medioevo, il cui esito costruito sono i palazzi comunali che tuttora connotano l’identità civica e il paesaggio urbano; dall’altro, il senso dell’abitare i luoghi della vacanza e della villeggiatura, ossia luoghi dell’abitare temporaneo, ma che nel rapporto tra loisir e patrimonio culturale hanno profondamente plasmato il paesaggio e l’immaginario.

 

Andrea Longhi, Direttore di «A&RT»

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